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Il maiale era un piccolo tesoro, un sicuro investimento, garanzia contro la fame e la carestia, per questo aveva diritto alle più meticolose ed affettuose attenzioni.
Generalmente questi contadini lo acquistavano alle fiere che si svolgevano nei paesi vicini.
Comprato piccolo, veniva cresciuto per un anno e qualche mese, alimentato abbondandemente con ghiande e granoni perché arrivasse all’uccisione più grasso possibile.
Dal maiale si ricavavano prosciutti, salsicce, ventresca, ma soprattutto lardo e sugna, condimento abituale di questa gente. Anche il muso, i piedi, le ossa, il sangue venivano opportunatamente utilizzate.
Si programmava di ammazzare il maiale prima o subito dopo il Natale quando la temperatura scendeva, per meglio conservare le carni o quando le scorte di granone si esaurivano.
L’uccisione del maiale era un momento di straordinaria importanza a cui partecipava tutta la famiglia.
Lo “scannaporco” toccava al capofamiglia.
La donna in un paiolo raccoglieva il sangue che avrebbe nei giorni successivi trasformato in dolce “r pizze” o “lu sanguinacc”.
L’uccisione del maiale era un vero e proprio rito a cui partecipava la famiglia tutta e il vicinato prossimo e si concludeva con un banchetto a cui partecipavano i presenti.
Anche questo era un momento di grande socialità e solidarietà.